Può la riconversione del sistema militare diventare uno strumento per limitare o eliminare l’utilizzo delle fonti energetiche fossili?
La risposta appare semplice: si, avendo a disposizione delle aree dismesse, basta saturarle di pannelli fotovoltaici e vedere cosa succede. Questa è l’ipotesi di riconversione più praticata finora, spinta inizialmente dal miraggio degli incentivi, stoppata successivamente dal loro ridimensionamento e dai problemi di bonifica. Ma pensare che il sistema militare dismesso rappresenti solo uno stock di aree sfruttabili, fa commettere due errori: si dimentica che le aree sono molte e diffuse sul territorio, e si perde l’occasione di uno sguardo vasto sul fenomeno.
Osservata nella sua interezza la dismissione militare può diventare l’ossatura su cui impostare la riconversione energetica dell’intero FVG, utilizzando fonti energetiche territoriali attraverso il metodo della filiera corta, con ricadute positive sull’economia, sulla società e sull’ambiente.
Le fonti energetiche rinnovabili per loro stessa natura sono strettamente legate al territorio e trovano nella generazione diffusa il loro utilizzo ottimale. La capillarità dei siti militari rappresenta quindi una caratteristica perfetta per spostare l’attuale modello energetico centralizzato e delocalizzato verso uno diffuso e locale.
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Un Commento
Sarebbe opportuno un sistema di scenari.